Il messaggio della Pastorale del lavoro in occasione del 1 maggio
In occasione della Festa del 1 maggio, la Commissione regionale per la pastorale sociale del lavoro, giustizia e pace, custodia del creato, ha diramato un messaggio a firma del delegato Cep, mons. Marco Arnolfo, e del direttore dell’Ufficio, don Flavio Luciano.
Ecco il testo: «In questi giorni saranno tante le manifestazioni nelle piazze delle nostre città per celebrare la festa del primo maggio, e ricordare il valore del lavoro, la dignità dei lavoratori, chiedendo al mondo politico italiano, agli amministratori responsabili, alla società intera, attenzione e impegno. Anche a livello diocesano, tanti nostri uffici di pastorale sociale e del lavoro e varie associazioni organizzano incontri e celebrazioni. Con questo messaggio vogliamo invitare con forza tutte le comunità ad attuare il magistero sociale di papa Francesco e le indicazioni dateci dai vescovi nel loro messaggio chiaro e incisivo.
Riguardo al lavoro provengono da ogni parte del nostro Piemonte segnali di sofferenza e criticità. Le grida di aiuto di tanti buoni e seri imprenditori in gravi difficoltà ci spinge a “rivolgerci ai mondi della pubblica amministrazione e della giustizia chiedendo loro di rimuovere gli ostacoli per chi il lavoro lo crea”. Mentre ringraziamo chi si impegna fortemente per offrire e creare lavoro buono, invitiamo gli amministratori e gli imprenditori che partecipano alle nostre comunità a maggiore coraggio e fiducia, così necessari per vivere quella responsabilità sociale tanto essenziale in tempi di crisi di lavoro, di cambiamenti importanti, di disoccupazione insopportabile. Diventa esigenza fondamentale per l’intera società il farsi prossimo, comprendere e condividere le urgenze di quel “ceto con minori competenze che rischia di finire tra i “vinti” del progresso, abbandonato sulla riva”.
Nelle nostre comunità, infatti, incontriamo lavoratori sfiduciati e famiglie in sofferenza per mancanza del pane frutto del lavoro. Sono i volti stanchi dei lavoratori ascoltati a Chieri della Comital e dell’Embraco, degli operai del Tenda bis che a Limone Piemonte manifestano all’imbocco del tunnel per la Francia, dei giovani Rider di Foodora e di altre imprese – spesso multinazionali – che si sentono sfruttati in un lavoro che impedisce loro di guardare al futuro con fiducia, degli immigrati nei campi e nei cantieri, dei lavoratori della logistica, degli appalti, che spesso vivono situazioni degradanti. La presentazione dell’indagine sulla condizione lavorativa dei giovani piemontesi voluta dalla nostra Conferenza Episcopale Piemontese con la Regione Piemonte ha evidenziato quanto i nostri giovani non sono spesso aiutati adeguatamente a prepararsi e ad inserirsi nel mondo del lavoro, dove spesso si trovano con contratti brevissimi e senza adeguate tutele e salari.
Non possiamo tacere sulla questione della sicurezza sul lavoro. La rilevanza del tema, la rinnovata drammaticità dei dati sugli infortuni e le malattie professionali, le mancanze e i ritardi, a partire dall’assenza di una Strategia nazionale di prevenzione e dalle migliaia di aziende non in regola, sono fattori evidenti di quanto ci sia necessità di porre il tema della tutela della salute e sicurezza al centro dell’attenzione del mondo del lavoro, come quest’anno fa in particolare il mondo del sindacato. Di lavoro si muore e la legge sulla sicurezza è ancora inattuata. Il Piemonte si colloca al terzo posto per decessi sul lavoro nei primi 100 giorni dell’anno, quando nel Paese intero i decessi registrati son stati ben 176, con un preoccupante incremento del 13,6%.
Ci preoccupa, poi, la gravità dell’inquinamento atmosferico delle nostre città e del territorio piemontese, che continua a superare i limiti concordati a livello europeo (dati 2018 del report Mal’Aria), l’esagerato consumo del nostro suolo rubato alla sua vocazione di produrre cibo buono, la continua perdita di paesaggi belli, preziosi per la qualità della vita della nostra gente e per produrre lavoro attraverso il turismo, il continuo abbandono per mancanza di politiche adeguate della montagna. Tutto questo è inaccettabile e non possiamo stare con le mani in mano. Ne va della coerenza della nostra vita col vangelo di Gesù che ogni giorno (o almeno la domenica) ascoltiamo.
In un contesto culturale dove si è perso il senso profondo del lavoro per la dignità di ogni persona, come Commissione Regionale ci impegniamo a collaborare con tutti voi nella ricerca e nella difesa di lavoro buono. Camminiamo con coraggio, alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa e della nostra Costituzione, con i nostri movimenti e le nostre associazioni e ogni uomo e donna di buona volontà, per “riscoprire la vocazione al lavoro, intesa come il senso alto di un impegno che va anche oltre il suo risultato economico, per diventare edificazione del mondo, della società, della vita”».