“Come Gelindo davanti al Mistero”
Il primo presepe rimasto tra i ricordi della mia remota fanciullezza, conserva luci e colori ritrovati più volte nella geografia delle valli del nostro Piemonte, con paesaggi suggestivi da sembrare un presepe. I piccoli villaggi sono sparsi sul verde muschio attraversato dalle stradine bianche, che portano alla grotta scavata nel monte. In quella direzione guardano i pastori, circondati dai loro greggi e i tanti personaggi creati dalla fantasia francescana.
Sull’orizzonte sembrano arrivare, ultimi, anche i Magi, guidati da una cometa nota come la “stella”.
Uno dei pastori, in cammino verso la grotta, ha un nome: è il Gelindo, con l’agnello sulle spalle, con l’inseparabile cornamusa e con la mano sulla fronte… per vedere meglio la luce della grotta? O forse, per non esserne abbagliato? Non lo so. Per me il Gelindo è l’uomo che guarda con intensità verso la grotta del Mistero. La mano, a tetto sulla fronte era il gesto che distingueva il personaggio e suggeriva ai bimbi la domanda: chi è questo, con la mano sulla fronte, che scruta l’orizzonte? “E’ il Gelindo”, rispondeva la mamma o il papà che accompagnavano i figli davanti al presepe, in chiesa o in un angolo della casa, per raccontare la storia del Bimbo che ha segnato la vicenda del mondo.
E’ il Gelindo. Nel presepe di Francesco d’Assisi, il personaggio non era conosciuto; fu creato dalla fantasia piemontese, datato con la sua storia nel 1788 nel Monferrato o nell’Alessandrino. Ma il personaggio con la mano sulla fronte per guardare la luce era noto come “Gelindu”. La gente lo chiamava così.
Ma forse, non è solo un personaggio il Gelindo uscito dalla fantasia piemontese. E’ il simbolo di un uomo nostalgico di luce, che guarda verso la grotta.
Forse si tratta di una nostalgia debole, che ritorna tra i ricordi di una fanciullezza lontana. Per molti, infatti, il Natale non è il presepe con il Gelindo dallo sguardo proteso verso la luce; ma un personaggio colorato, che non guarda la grotta. E’ incantato da altre luci; osserva altri doni da consegnare ai bimbi di questo tempo.
Anche il Natale è pieno di parole ricche di nostalgia: si ripetono auguri di pace, di felicità e si auspica un futuro nuovo. Il Natale sembra essere la festa dell’uomo attorno ad una tavola imbandita; non c’è posto per il presepe. Lo sguardo è distratto, non fissa l’orizzonte di luce con la mano sulla fronte, come il Gelindo.
Tutti i giorni ripetiamo parole stanche, rassegnate, senza speranza. La parola “crisi” è d’obbligo in ogni incontro come in ogni scontro. Per molti, soprattutto giovani, la vita è avvolta dalla notte di una crisi economica e morale. Pochi sembrano porre la domanda di Isaia: “Custos quid de nocte?” (Is. 21, 11) Sentinella quanto resta della notte?
Qualcuno promette un futuro diverso che tarda a venire; altri vivono tra speranza e disperazione, non riescono a vedere la luce.
Eppure il Gelindo guarda nella direzione giusta, alla luce di quella grotta dove succede il miracolo più inaudito della storia: nasce il Figlio di Dio, capace di restituire ad ogni uomo e a ogni donna un cuore nuovo, capace di amare, di sperare, di guardare al futuro con gli occhi del Gelindo.
Forse è vero ciò che gridano i politici: bisogna passare dalle parole ai fatti. Solo questo passaggio mette fuori gioco la crisi.
Ma il presepe ricorda a ciascuno una storia vera, per ritrovare una vita più umana. Il presepe non fa vibrare il cuore di nostalgie deboli di un’età lontana: ti ripete che l’amore vero e solidale parte dalla luce di una grotta; da un volto mite e buono nel quale puoi ritrovare il tuo cuore e il tuo volto. Nel mistero del presepe si rispecchia la speranza della’umanità; oltre le crisi radicate negli egoismi del mondo. Il sentiero dell’amore ha un percorso obbligato: dal cuore di Dio fattosi bimbo, al tuo cuore e alla vita di tutti. E’ questa la direzione della speranza, immersa nella luce del mistero della grotta. E guardando quella luce mi torna forte il desiderio di portare in ogni casa soprattutto nella famiglie che fanno fatica, un augurio intenso per un Natale vero, ricco di luce e di pace per far sbocciare la speranza.
+ Padre Enrico Masseroni arc.
Natale 2013