Il messaggio di Natale dell’Arcivescovo: «Il presepe simbolo di pace frutto del coraggio»

Mons. Marco Arnolfo

Pubblichiamo il messaggio augurale natalizio scritto da mons: Marco Arnolfo per il Corriere eusebiano.

Carissime e carissimi, vorrei quest’anno porgervi i miei auguri di Natale davanti al presepe. Sostare con voi per qualche minuto… in silenzio.

Subito ci sembra di percepire un’atmosfera di grande pace. Contempliamo nella semplicità di quella stalla una stupenda scena di amore familiare. Maria e Giuseppe sono uniti da un profondo affetto, si prendono cura del Bambino con spirituale tenerezza e tutti i personaggi, dai pastori ai magi, si mettono in gioioso cammino verso Betlemme, illuminati da una brillante stella nel cielo. Ci pare quasi di udire la musica celeste e il coro degli Angeli…

Tutto così bello e così irreale, ci viene da pensare!

Ma se diamo, con un po’ di pazienza, il tempo ai personaggi di raccontarsi allora ci rendiamo conto che la pace del presepe è il frutto di tante scelte coraggiose e decisioni anche rischiose. È la pace che va cercata oggi.

Maria sapeva molto bene che il suo sì all’angelo Gabriele poteva comportare per lei la lapidazione, tuttavia accetta, confidando pienamente nella volontà di Dio. Non può comunicare a nessuno quanto le è successo. Nessuno le avrebbe creduto. Avendo saputo dall’angelo che l’anziana cugina Elisabetta era in dolce attesa, decide di andare e di mettersi al suo servizio per tre mesi. Quando torna c’è Giuseppe pronto ad accoglierla con gioia, ma… la vede, percepisce la sua nuova condizione. Rimane turbato.

Decide, perché era un uomo giusto, di ripudiarla in segreto. Giuseppe è un uomo che pensa con la sua testa. Per lui è giusto non ciò che è giusto secondo la legge delle tradizioni, che prevede di uccidere la mamma e il bambino nel suo grembo. Si appella ad una giustizia più grande, che non fa del male a nessuno e non uccide, che Gesù predicherà quando salverà la vita di una adultera condannata alla lapidazione o quando esalterà il comportamento di un samaritano, invece che del sacerdote e del levita.

Giuseppe aveva già preso la sua decisione, ripudiarla, non accusarla pubblicamente, ma rimane aperto nella preghiera alla volontà di Dio, che si rivela a lui nel sogno. Deve essere fedele alla sua promessa sposa. Deve essere il padre di quel bambino concepito per opera dello Spirito Santo. Accetta e sposa Maria.

Eccoli lì, Maria e Giuseppe, finalmente e teneramente insieme nel prendersi cura del Figlio. Non è la scena di una pace idilliaca, ma il frutto di scelte coraggiose, di preghiere sincere, di una fede autentica che muove le montagne!

Se da una parte e dall’altra delle trincee, se dalle parti opposte dei fragili e insanguinati confini di guerra, se da una parte e dall’altra delle laceranti opposizioni familiari, si cercasse con sincerità ciò che giusto, ma secondo una giustizia più alta, quella di Giuseppe, allora, ancora oggi certamente, potremmo ritrovarci in una sorprendente scena di pace. Non sarà solo frutto di una conversione coraggiosa di ciascuno, ma anche la conseguenza reale di un Dio che continua ad attrarci all’Amore con il suo volto di Bambino. Auguri.

+Marco Arnolfo, Arcivescovo