L’Immacolata: volto e progetto del nostro Avvento

Giovedì 8 dicembre padre Enrico Masseroni ha celebrato l’inizio del suo 25° anno di ordinazione episcopale

Nel pomeriggio di giovedì 8 dicembre, solennità dell’Immacolata, padre Enrico Masseroni ha presieduto la messa in duomo per celebrare l’inizio del suo 25° anno di ordinazione episcopale. La liturgia è stata animata dalle voci di Maria Giulia Ragliani, Maria Chiara Di Gregorio, Cistiano Caldera e Paolo Deodato, diretti e accompagnati all’organo da don Maurizio Galazzo. Qui di seguito pubblichiamo l’omelia dell’Arcivescovo che merita di essere rilanciata come spunto di riflessione.

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Non senza stupore sono rimasto afferrato dalla bellezza, quando tornai a visitare la cappella Sistina dopo il suo restauro e il ricupero dei colori usciti dal genio pittorico di Michelangelo,il più grande artista di tutti i tempi. Sono rimasto a lungo a contemplare il grande affresco del Cristo omega del tempo, giudice dell’universo. Il compimento della storia, immerso nell’armonia dei colori, attirò subito il mio sguardo sui volti: al centro, il Cristo; al suo fianco, Maria, la madre del Figlio e dei figli. Da una parte il movimento dei corpi mortali tra i reprobi; dall’altra i redenti coinvolti nel vortice della potenza misericordiosa del Cristo risorto.

Il capolavoro di Michelangelo non ha mancato di richiamare alla mente due capitoli del Nuovo Testamento: Matteo 25, con il Cristo re – pastore e giudice escatologico; e il brano di Efesini 2.

 

  1. Il progetto di Dio sulla storia

 

Da pochi giorni, anche noi siamo entrati nel tempio del tempo liturgico e ci troviamo, oggi, festa dell’Immacolata, di fronte a un grande affresco. Al centro, è tratteggiato il progetto di Dio sulla storia, che Paolo, nella lettera agli Efesini, ammira e benedice. Lo sguardo di Dio è concentrato su Cristo: in Lui tutti gli uomini sono chiamati alla santità, nell’amore; sono chiamati a modellarsi sul Primogenito nella vita presente, per diventarne eredi nella vita futura.

Si potrebbe dire che i colori più vivi di questo grande affresco sono indicati da tre parole; in Cristo siamo scelti “per essere santi, immacolati, al suo cospetto nella carità” (4).

 

  1. Il progetto fallito

La prima lettura, invece, ritagliata nel capitolo III della Genesi, evoca il progetto fallito. “Dopo che Adamo ebbe mangiato dell’albero, il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”.

Agli albori della vicenda umana c’è una chiamata tradita. L’uomo ha perso la sua identità, non sa più collocarsi nel mondo. “Dove sei? Qual è il tuo nome? Chi sei?”. L’uomo e la donna avvertono il brivido dell’abisso: sono nudi, miseri, hanno perso l’immagine e la somiglianza della bellezza originaria; hanno paura; rifiutano ogni responsabilità, si danno la colpa l’un l’altro. Infranta la relazione con Dio, si infrange ogni altra relazione e tutto diventa ostile.

 

3. Il progetto riuscito

Ma nel grande affresco della liturgia della Parola, non c’è solo il progetto benedetto da Dio sul mondo; non c’è solo, il progetto fallito per la follia dell’uomo ribelle a Dio; c’è il progetto riuscito in Maria di Nazareth, entrata nella storia del mondo con una nuova identità di figlia e di madre immacolata.

La nuova Eva non ha paura di Dio, perché “il Signore è con lei”, “è piena di grazia”; Maria esprime la limpida coscienza della sua chiamata e della sua collocazione nella storia: “Eccomi, sono la serva del Signore”.

E così, l’angelo dell’annunciazione, spiega anche per noi che cosa significhi immacolata: Maria è la donna totalmente sottratta ad ogni ombra di peccato perché sotto lo sguardo innamorato di Dio; è la donna dell’avvento: “Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (v31).

E dire immacolata, significa contemplare l’epifania più alta dell’amore nella vicenda del mondo: da una parte lo splendore dell’amore che ama, dall’altra lo splendore dell’amore che accoglie. L’Immacolata è il sublime incontro tra il chàire, l’invito alla gioia, che scende dal cielo e l’idòu, l’eccomi, che cambia la storia. Maria, per grazia, è l’unica creatura umana in cui il progetto di vita corrisponde esattamente al sogno di Dio.

 

4. “Uomo, dove sei?”: il dramma dell’uomo

Tre progetti dunque si stagliano nel grande affresco di questa solenne liturgia: il disegno universale di Dio sull’umanità, il progetto fallito e il progetto riuscito.

“Uomo, dove sei?”: è l’immagine icastica, lapidaria del nichilismo antropologico, esito drammatico di un uomo che ha rifiutato Dio; espressione di ogni umanesimo condannato al fallimento totale perché  senza radicamento nel mistero di Dio.

“Uomo dove sei?”: è l’immagine di un uomo smarrito. Se guarda in alto non vede più Dio; il problema non gli interessa; è agnostico, ateo, idolatra. Se guarda dentro la propria coscienza, non trova luce e brancola nella nebbia del relativismo etico.

Se guarda gli altri, teme che tutti congiurino contro la sua felicità; l’uomo è “l’unico” di Stirner : l’altro è solo un oggetto da usare. Se guarda al futuro, non c’è nulla da attendere. L’avvento è cancellato dal perfido gioco: Gesù è diventato una fiaba; la fiaba inventata dal dio consumo è diventata la verità del Natale.

 

5. Nel cuore dell’avvento: Maria, modello per tutti

Ma nel cuore dell’avvento c’è una donna, l’Immacolata: per dire che su ciascuno di noi c’è la benedizione di Dio, dice Paolo; c’è il sogno di Dio, come annuncia l’angelo; c’è l’eccomi di una donna, come risposta vera e possibile a tutti.

Questa icona ci ricorda che tutti, uomini e donne, possiamo realizzarci in pienezza secondo il sogno di Dio. Tutti siamo chiamati ad essere santi; e la santità non è un’utopia, non è il privilegio di pochi eletti; è l’unica direzione che realizza l’umano. Non ci sono alternative. Nel disegno universale della creazione e della redenzione, Dio guarda a Gesù; ce lo manda e ci dice: “E’ lui l’uomo vero, il primogenito, il volto del Figlio e dei figli, in cui tutti gli uomini, i figli, possono riconoscersi”.

 

6…Soprattutto Maria è modello della donna

Ma sulla bocca della donna riuscita di avvento, noi ascoltiamo la risposta più vera ed esemplare soprattutto per ogni donna. Maria di Nazareth al sorprendente annuncio di Dio, risponde: “Eccomi, sono la serva del Signore”. La parola suona inattuale, scandalosa, in un contesto culturale che ha cancellato dal vocabolario la parola servizio.

Papa Giovanni XXIII, nella Pacem in terris (1963) scriveva che la coscienza femminile della propria dignità e l’ingresso della donna nella vita pubblica erano un segno dei tempi. Giovanni Paolo II faceva eco alla Pacem in terris, chiedendo, però, che il tema della donna non venisse affrontato isolatamente, bensì sempre nel contesto di una correlazione con l’uomo. E l’esortazione Christi fideles laici (41) focalizza due aspetti della missione della donna: la pari dignità accanto all’uomo e la valorizzazione della sua vocazione specifica.

 

Quale, dunque la missione specifica della donna contemplando la bellezza di Maria, donna attuale, donna di avvento? Quale l’”eccomi” della donna, oggi?

Non ci nascondiamo la fatica di uno sguardo limpido. Anche la IV Conferenza mondiale di Pechino sulla donna (1995) ha registrato l’egemonia di una concezione individualistica, tipica del secolarismo consumistico, con la visione utilitaristica dell’amore, che riduce la donna a mero strumento di piacere, oggetto di fruizione edonistica.

Aveva ragione Maria Pia Bonanate quando scriveva che “i media ci offrono, della donna, un’immagine umiliata e offesa” (SIR, CEI, 1996).

Pertanto, l’eccomi di Maria suggerisce alla donna del nostro tempo tre sfide importanti.

 

7. L’eccomi di Maria e l’eccomi della donna

*Anzitutto la donna è chiamata a dire la verità dell’amore.

Ci sono, infatti due lacerazioni innaturali nei messaggi più disinvolti della cultura dominante sull’amore: da una parte, quella tra sessualità e persona. In questa prospettiva l’amore è ridotto ad esperienza contingente ed effimera; con tutto quel processo di mercificazione del corpo. La persona è dimenticata.

Dall’altra c’è la frattura tra affettività e progetto di vita.

L’amore, invece, è una vocazione. La vita ha questa impronta, questo slancio: la persona è fatta per amare, come l’uccello è fatto per volare. Ma perché l’amore torni ad essere vocazione, occorre liberare alcuni valori sotto censura, diventati muti anche sulla bocca di tanti educatori, sacerdoti e laici.

L’Immacolata suggerisce  di restituire all’amore il fascino della purezza, della tenerezza, la dimensione oblativa nel segno della totalità. Non si realizza la dimensione vocazionale dell’esistenza nella scelta della convivenza come illusoria preparazione al matrimonio. Lo stesso Agostino ricorda che il disordine morale  non distrugge solo la persona, ma non lascia più vedere Dio, manda in crisi la fede. Tutti ricordiamo la beatitudine proclamata da Gesù: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”.  (Mt 5,8) Forse è proprio la donna, consapevole della propria dignità,  la “terapeuta dell’amore”. Raissa, moglie di Jacques Maritain, scrive nel Diario che l’amore, crescendo, tende a diventare verginale.

 

* Ma contemplando l’Immacolata, la donna non è solo chiamata a dire la verità dell’amore; è sollecitata a ricuperare il suo protagonismo educativo.

Nessuno ignora la fatica di educare la libertà, soprattutto sui tornanti dell’età evolutiva. E’ più facile lavorare al computer che accompagnare il cammino della libertà. C’è un fenomeno che va crescendo nella famiglia: quello dell’agnosticismo dell’infanzia: un’età sovente blandita da giocattoli in cui manca l’amico più importante.

Tocca alla famiglia, ma soprattutto alla donna, con la sua arte educativa, dare un senso all’età dell’infanzia, attraverso la testimonianza della preghiera.

La donna, per natura, ha una singolare parentela con la vita: essa è già presente sulle molte frontiere delle relazioni umane. Basti pensare alla donna che vive silenziosamente il mistero della maternità; basti pensare alla sua presenza nella scuola, nelle comunità cristiane, nella catechesi; basti pensare alla donna solidale con la vita sofferente, in tutte le sue forme, sovente nel segno di una consacrazione che fa di lei un dono totale a Dio; basti pensare alla donna sulle frontiere del servizio del bene comune, ancora capace di commuoversi parlando dei sacrifici di tanta gente. Il genio femminile al servizio dell’educazione è in grado di donare alla vita sociale un volto più umano,

La donna, con la sua intelligenza intuitiva e concreta del particolare, del bisogno e del disagio, ha il compito profetico di restituire, nel mondo di oggi, due doni: la dimensione interiore e la tenerezza, la cui assenza impoverisce drammaticamente la nostra cultura. Il ricupero del mondo interiore consiste nel restituire all’effimero, alla bellezza fuggente, il respiro dell’eterno. Per questo, la donna deve rifiutare il ruolo di giocattolo per divertire l’uomo e deve ricuperare la sua vocazione, il suo genio e il suo sguardo come espressione dell’amore di Dio e come presenza discreta che sa umanizzare anche il dolore.

 

* Ed infine l’Immacolata dà un volto concreto alla speranza di avvento. “Eccomi, dice Lei, sono la serva del Signore”- “Eccomi, fa eco soprattutto la donna, sono al servizio della speranza”: accanto a chi soffre, a chi dispera, a chi non ha futuro…Le attese dell’uomo d’oggi sono infinite.

Maria accoglie l’Atteso, per dare risposte concrete alle attese: dell’umanità, della Chiesa, della famiglia e delle nuove generazioni. Nel grembo della donna di avvento c’è il futuro dell’umanità. Allora, l’Immacolata, non è una ricorrenza che condivide la simpatia del popolo credente con l’altra festa del Natale; è il capolavoro della speranza umana: Maria accoglie Gesù per donarlo. Maria è madre e progetto del nostro avvento.

Naturalmente è tutto vero ciò che Maria di Nazareth dice alla donna del nostro tempo; ma  Gesù sulla croce ha consegnato la donna a Giovanni, immagine della Chiesa: “Donna ecco tua madre”. Per questo, tutti, uomini e donne, di ogni età e vocazione, siamo chiamati a vivere nel nostro avvento il suo “eccomi” : ci sono anch’io, ci siamo anche noi, per accogliere e seminare speranza.

 

 

Le voci che hanno animato la liturgia dell’8 dicembre in Cattedrale:

da sin. Paolo Deodato, Cristiano Caldera, Maria Giulia Ragliani e Maria Chiara Di Gregorio