La “ricchezza” del Natale
Ecco il testo del messaggio augurale scritto da p. Enrico Masseroni per il Corriere eusebiano e pubblicato sulla prima pagine del settimanale in edicola.
Strana questa parola, ricchezza, attribuita al mistero di Betlemme? Forse sì. Di solito quando si ricorda il presepe viene da pensare alla povertà più austera e persino più squallida. Il paesaggio di Natale, quello reale, non mescolato al folklore, è segnato da espressioni da brivido: il Figlio di Dio è venuto tra noi nei panni dell’emarginato. «Per lui non c’era posto nell’albergo». Giovanni , con la sobria efficacia del teologo, usa parole vertiginose: «Il Verbo si è fatto carne». Il Dio eterno, Figlio del Padre, ha rivestito i panni della creatura debole; ha cominciato a sperimentare la fatica di vivere. Tutto vero, verissimo.
Ma contemplando con occhi incantati il presepe secondo Luca, il testimone dell’infanzia di Gesù, è difficile evitare un impeto incontenibile di stupore. Non solo di fronte alle ombre, ma nei bagliori di luce della grotta, la casa più indegna del mondo divenuta la più ricca.
Ci sono un Bimbo, una madre, un padre, una schiera di creature angeliche. La storia del mondo riparte di qui: da un Bambino. Tutte le utopie di umanità “più umana” hanno quel volto, quel cuore. A Natale, è proprio il caso di dirlo, Dio comincia a battere con il cuore di uomo. Fantasia, certo, pensa la ragione laica, tremendamente miope di fronte al Mistero. Realtà sconvolgente, afferma la fede degli umili. Dunque il Natale ha la sua ricchezza, infinita, esaltante: il Bambino e l’amore di tutte le creature capaci di piegare il capo per entrare in quella grotta: la fede stupita dei poveri e dei semplici. Sono costoro a rappresentare il mondo nuovo di una storia vera. Sono costoro i veggenti del mistero: capaci di vedere, di contemplare, di amare e di gridare l’unica grande notizia che rompe in due la storia finita del mondo.
Ripartire dal Bambino…
Certo il bimbo dice debolezza, ma è pure l’icona della vita che pulsa. Il bimbo dice dipendenza, ma è pure il segno della bontà più incontaminata. Il bimbo dice inesperienza, ma è pure un lembo di umanità presente nel cuore dell’adulto più depravato, come nostalgia d’innocenza. Il bimbo dice incapacità; ma è pure appello al mondo dei grandi perché cambino parole, gesti, stile di vita per rendere più umana la città degli uomini.
Allora ripartire dal Natale chiede, con il sorriso e il pianto di un bambino, di cambiare molto, forse tutto.
In casa anzitutto: in famiglia. La ricchezza del Natale è l’amore: quello fedele, fecondo, accogliente, sorridente, dialogante. E’ questa la ricchezza che auguro e chiedo per tutte le famiglie della carissima Chiesa eusebiana.
Anche nelle famiglie provate dalla croce, dalla fatica a ritessere dialogo, è possibile ritrovare il bandolo della fede che molto può cambiare se si guarda con amore ai bambini. Essi insegnano a vivere. Ma bisogna usare il loro linguaggio, la loro capacità di perdono e di pace.
Siamo nell’anno della fede: non abbiamo mai pensato che sono proprio i bambini a plasmare una società più umana e sono proprio loro a chiedere agli adulti di parlare di Gesù?
La ricchezza del Natale è la speranza che invade di luce il mondo degli ultimi. Allora, almeno a Natale, è drammaticamente urgente non usare a vanvera parole sin troppo inflazionate. Non parliamo di solidarietà! Viviamola! Irradiamola per sconfiggere la diffusa metastasi dell’egoismo, mascherata di buon senso sempre più disumano e affannosamente in cerca di auto-giustificazioni.
I poveri, i deboli i disperati in cerca di lavoro li abbiamo tra noi. Ne conosciamo i volti, il colore, l’età. Come il Bimbo di Betlemme. Accoglierli non è soltanto un problema, o soltanto un dovere: è la nostra ricchezza.
Un augurio allora: fraterno, cordiale, davvero sentito. A tutti. Ma soprattutto ai bambini. Li ringraziamo perché ci sono: perché ci parlano; perché fanno parte della gioiosa compagnia del loro più illustre coetaneo. Li ringraziamo perché ci insegnano a vivere e a riconciliarci con il futuro. Davvero sia per ciascuno un Natale buono, diverso, vero!
+ Padre Enrico arc.