Sopralluogo del presidente Cirio nel Vercellese e in Valsesia

Il governatore: «Non c'è un minuto da perdere, altrimenti rischiamo di trovarci a novembre in una situazione ancora più grave»

Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio (al centro), durante il sopralluogo a Borgosesia affiancato dal sindaco Paolo Tiramani e altre autorità vercellesi

«Non c’è un minuto da perdere, altrimenti rischiamo di trovarci a novembre in una situazione ancora più grave», è quanto ha dichiarato quest’oggi, lunedì 5 ottobre, il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, durante il secondo giorno di sopralluoghi nei paesi devastati dall’alluvione di venerdì e sabato scorsi, che lo hanno portato a Vercelli, Borgo Vercelli, Grignasco e in Valsesia.

«Oggi ho parlato a lungo al telefono con il presidente del Consiglio Conte – ha proseguito – Il Piemonte è profondamente colpito da questa ennesima emergenza e ha bisogno di aiuti. Solo per quanto riguarda le opere pubbliche i danni ammontano a centinaia di milioni di euro, ora invito i private a presentare nel dettaglio i loro danni. Attendiamo a breve la dichiarazione dello stato di emergenza, che ci conferisca poteri e soprattutto risorse per intervenire».

Attraverso un comunicato, si apprende inoltre che il disappunto di Cirio circa le ultime dichiarazioni del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa: «Leggo che dice che la colpa dell’alluvione sarebbe dei sindaci che non spendono i soldi che hanno per l’ambiente. Caro ministro, esca dal suo ministero e venga in Piemonte a sporcarsi un po’ con i nostri sindaci piemontesi, che non dormono da tre giorni, che spalano con le ginocchia immerse nel fango e che firmano sotto la loro responsabilità e senza ancora nessuna certezza dallo Stato, interventi di somma urgenza per mettere in sicurezza la loro gente».

«Pulire un fiume oggi in Italia non si può perché la burocrazia delle sue leggi è tale da bloccare qualsiasi intervento – ha aggiunto Cirio – In uno Stato serio, in un momento di emergenza ci si unisce per risolvere i problemi non per scaricare le responsabilità magari sui più deboli».