Una festa del 25 aprile speciale: la celebrazione dell’80º della Liberazione e l’omaggio a papa Francesco

E’ stata davvero una celebrazione del 25 aprile speciale quella che si è vissuta a Vercelli come in molte città italiane venerdì: si univano insieme l’importante anniversario degli 80 anni dalla Liberazione e il dolore unito al ricordo per la morte di papa Franesco di cui il giorno dopo, sabato 26 aprile, si celebrano i funerali. E il nome, le parole, il pensiero di Bergoglio sono tornati spesso negli interventi che si sono succeduti durante la manifestazione vercellese. Come di consueto la cerimonia è iniziata in piazza Cesare Battisti con l’omaggio al monumento ai caduti di tutte le guerre per poi trasferirsi in piazza Camana dove l’arcivescovo, mons. Marco Arnolfo, ha presieduto la messa: «Quest’anno – ha detto nel corso dell’omelia – la festa della Liberazione cade nell’Ottava di Pasqua ossia in quel periodo liturgico in cui continuiamo a celebrare la vittoria di Gesù sulla morte. La vita di Gesù testimonia della sua scelta di condividere in tutto, senza sconti, la condizione umana sino al sacrificio. Un’umiltà che ritroviamo nel magistero di papa Francesco e che deve ispirarci in questa giornata perché, ricordando il sacrificio di chi lottò per la libertà, non ci stanchiamo mai di difendere i valori fondamentali su cui si regge il nostro Paese e su cui si radica l’Europa».
Conclusa la messa sono saliti sul palco allestito in piazza Camana le autorità civili del territorio per gli indirizzi di saluto: il sindaco di Vercelli Roberto Scheda, il presidente della Provincia Davide Gilardino e il prefetto Lucio Parente.
L’orazione ufficiale è stata, infine, tenuta dal presidente della sezione vercellese dell’Anpi, Giacomo Ferrari, il quale ha voluto iniziare il suo intervento ricordando papa Francesco per poi guardare a quel 25 aprile di 80 anni fa: «Il modo migliore per onorare la memoria di chi combatté per la libertà e di chi per quella libertà perse la vita, è continuare a difendere i valori cui i partigiani si ispirarono e che vennero poi condensati della Costituzione repubblicana. Così come la lotta di liberazione non fu appannaggio di una singola parte politica, ma vide la partecipazione di cattolici, socialisti, comunisti, liberali, repubblicani, persino monarchici, anche la Costituente vide tutte queste impostazioni ideologiche, talvolta molto distanti, confrontarsi nel rispetto reciproco. Le forze politiche, Dc, Psi, Pci, liberali, repubblicani, seppero fare sintesi nel rispetto reciproco e del principio di pluralismo. Oggi possiamo dire lo stesso della politica? Non lo so. L’impressione è che sia in atto uno scivolamento pericoloso, da noi come altrove, verso quella che chiamiamo “democratura”: una dittatura basata su una sorta di consenso popolare, giustificando l’assenza di confronto con la necessità di realizzare ciò che “l’elettore vuole”. Questo è un errore e richiede che ciascun cittadino, soprattutto i più giovani, riprendano il mano le proprie sorti e tornino ad occuparsi di politica, del bene comune. Come i partigiani fecero all’alba della democrazia 80 anni fa…».
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