Coldiretti: «Con la crisi ucraina il prezzo del grano lievitato del 36% negli ultimi tre mesi. E le scorte si riducono…»

Salgono del 36% negli ultimi tre mesi i prezzi del grano anche per effetto delle speculazioni e dei saccheggi nei territori occupati in Ucraina che riducono le scorte e aggravano l’allarme fame, con un effetto domino sui Paesi in crisi alimentare. E’ quanto emerge dal bilancio tracciato dalla Coldiretti sull’impatto dell’aumento dei prezzi dall’inizio del conflitto al Chicago Board of Trade, in riferimento alle accuse di furti di grano ucraino da parte della Russia.

Un duro colpo per l’economia dell’Ucraina dove il raccolto di grano è stimato quest’anno pari a 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti mentre in controtendenza sale la disponibilità in Russia dove la produzione aumenta del 2,6% per raggiungere 84,7 milioni di tonnellate delle quali circa la metà destinate all’esportazioni (39 milioni di tonnellate). L’emergenza mondiale colpisce l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti.

“L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati – spiegano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale -.  Per questo ora è necessario intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare le aziende e  programmare il futuro. Occorre lavorare da subito ad accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali, come quello piemontese, Grano Piemontelanciato insieme al Consorzio Agrario del Nord Ovest, tramite il quale sono già stati seminati oltre 6 mila e 500 ettari, e volto a valorizzare proprio l’oro giallo ed ottenere prodotti da forno veramente prepararti con la farina del territorio per rispondere anche alle esigenze dei consumatori che sono sempre più attenti alla provenienza degli ingredienti. Questo al fine anche di avere prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali, ma anche investire per aumentare produzione e rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, tutelando sempre la biodiversità dei nostri territori”.