Coldiretti: «La trasparenza in etichetta fa paura alla grande industria»

L’organizzazione FoodDrinkEurope presenta ricorso contro l’introduzione dell’indicazione obbligatoria di origine per grano, riso e pomodoro

L’organizzazione dell’industria alimentare europea FoodDrinkEurope ha presentato un reclamo alla Commissione Ue contro l’Italia per l’adozione dei decreti sull’indicazione obbligatoria di origine per il grano, riso e pomodoro.

«Assurdo andare contro l’interesse del 96% dei consumatori che, invece, chiedono che venga scritta sull’etichetta in modo chiaro e leggibile l’origine degli alimenti e contro tutte le battaglie che abbiamo sostenuto per ottenere l’etichettatura per il grano, il riso ed il pomodoro – affermano Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale – Basta, quindi, col perseguire gli interessi dell’industria a discapito delle produzioni sane e genuine frutto del lavoro dei nostri imprenditori agricoli. E’ importante poter conoscere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosato, proibito in preraccolta sul grano italiano, o se il riso viene dai campi della Birmania sequestrati alla minoranza Rohingya contro la quale è in atto una pulizia etnica o ancora se il concentrato di pomodoro proviene dalla Cina, ai vertici mondiali per l’insicurezza alimentare. Si tratta di mettere fine – concludono Revelli e Rivarossa – all’inganno dei consumatori ed è corretto che l’Italia, che vanta un eccellente patrimonio agroalimentare, faccia da apripista nelle politiche alimentari comunitarie per garantire trasparenza dell’informazione e scelte di acquisto libere e consapevoli per i consumatori».

La questione riso rimane amara per il Piemonte che resta la regione italiana con i numeri maggiori a livello produttivo con 117 mila ettari, 8 milioni di quintali di produzione e quasi 1900 aziende. Dall’ultima analisi, svolta in occasione della visita del Santo Padre in Myanmar, sono aumentati del 736% rispetto al 2016 gli arrivi di riso dalla Birmania dove le autorità locali hanno avviato, a fine ottobre, la raccolta nei campi abbandonati dai musulmani Rohingya in fuga dalla repressione nello stato occidentale del Rakhine e rifugiatisi nel vicino Bangladesh.

«Ricordiamo che abbiamo lanciato un appello a tutte le industrie italiane affinché dicano per trasparenza, giusta informazione e per far compiere una scelta etica a tutta la società da dove proviene il riso che importano alla luce di quanto avviene in alcuni paesi asiatici dove, oltre alla criticità dei Rohingya, si stanno vivendo tensioni», concludono Revelli e Rivarossa.