La notizia delle notizie
Anzitutto i fatti, che stanno sotto gli occhi di tutti: le celebrazioni funebri hanno un consolidato primato nella prassi delle nostre comunità cristiane e nel ministero dei sacerdoti: ogni anno primeggia il numero dei defunti; sono mestamente rari i battesimi e le celebrazioni nuziali davanti all’altare. Viene da pensare che la vita fa fatica a trovarsi nella compagnia dei vivi. E naturalmente succede sovente a tutti i parroci di celebrare per i defunti, e così anche al Vescovo.
Lo schema omiletico, rispettoso dei sentimenti e dei volti dolenti attorno alla bara è noto: si passa dalla Parola di Dio che incoraggia la speranza, al confort odi una parola umana per condividere il dolore delle persone ferite dal lutto. E di solito i ricordi hanno molto spazio, soprattutto per raccontare il passato, per dire parole di encomio, per ricordare virtù e miracoli, osservando un discreto silenzio sulle ombre di un’esistenza attraversata dal limite e del peccato.
E in questa pietosa omiletica c’è una sorta di vita che perdura oltre la morte; è noto, infatti, che una vita virtuosa vive nel ricordo e nel cuore di tante persone care. Si potrebbe parlare dell’ immortalità della testimonianza, che di solito, è un’onda durevole oltre la stagione del lutto. Insomma, attorno alla bara si parla volentieri del passato: credenti e non credenti hanno parole generose sul passato, che puntualmente, il giorno dopo, la cronaca giornalistica o televisiva, riprende con qualche diesis in chiave: di solito si racconta volentieri l’esperienza vissuta dalla persona defunta, facendone l’apologia senza risparmio di parole.
Sul presente e sul futuro, invece, cala il grande silenzio. Il sacerdote celebrante probabilmente ha parlato del Cristo risorto, della vita eterna, della comunione dei santi. Ma del presente e del futuro di chi giace nella bara si tace; tutto questo non fa notizia. Molti pensano che la vita eterna faccia parte di quel mistero che appartiene alla coscienza di ciascuno; fa parte di quella verità rigorosamente personale e attiene a quell’esperienza che chiede solo silenzio e preghiera.
Eppure è questa la notizia delle notizie: Cristo è risorto, è Lui il nostro destino. Il senso della vita non è chiuso nel silenzio assoluto di una bara; è il sole del Risorto che sembra tramontare sul nostro orizzonte, ma ritorna come aurora sull’altro orizzonte dei vivi più vivi. Perché, dice l’Apocalisse, il Risorto “sarà il Dio – con – loro”:e tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap. 21,4).
Perché, allora, tenere sotto censura la notizia delle notizie? Perché non parlarne? Perché l’emarginazione del Risorto? Perché non ritenere che anche la Pasqua, come luce nel buio della morte, non faccia parte di una cronaca dignitosa, almeno per riferire il messaggio di un’omelia, ampiamente centrata sul mistero di una speranza che dona conforto ai vivi che restano a piangere chi non c’è più?
La Pasqua non è solo una fede, opinabile e intimidita, chiusa nel sacrario della coscienza. E’ l’unica ragione che dà senso alla vita. La Pasqua è la vera aurora del mondo futuro, per tutti; degna di occupare la prima pagina di ogni giornale. E’ la notizia delle notizie affidata, in origine, a donne e a uomini accorsi al sepolcro; è la grande notizia che data il primo giorno del mondo nuovo.
Perché allora censurare il Vivente? Perché emarginare il Cristo risorto?
Invito ad alzare lo sguardo nel grande spazio della Cattedrale: vi domina il Cristo regale, il vincitore della morte. E’ Lui il vangelo che illumina ogni segmento di esistenza; non sono le meschine apologie sul passato dell’esperienza umana. La Pasqua ritorna ogni anno; ritorna ogni domenica, giorno del Signore, per donare speranza al mondo. Non mettiamo sotto censura la bellezza del Risorto, nostro destino futuro, nostra felicità eterna; e in Lui ci scambiamo il grande augurio di buona Pasqua.
+ P. Enrico Masseroni arc.