Il paesaggio nella poesia di Orazio
Ancora una volta l’Associazione di cultura classica, presieduta da Maria Pia Magrassi, ha dimostrato quanto la conoscenza umanistica possa essere arricchente quando il relatore sa comunicare la passione per il mondo antico e proporre in modo accattivante, a un pubblico eterogeneo, autori e poeti latini che ancora oggi hanno molto da dire. E’ il caso di Ermanno Malaspina, docente dell’Università di Torino, che lunedì 6 febbraio ha parlato della “poesia del paesaggio” in Orazio. «Un titolo in parte erroneo – ha esordito nell’aula magna dell’Ateneo Avogadro di Vercelli – perché il concetto di paesaggio non fa parte della cultura classica nel senso in cui lo intendiamo oggi: un’immagine artistica o letteraria» “interpretata”, «che passa attraverso lo sguardo e la prospettiva di una persona. Sul paesaggio si comincia a scrivere e a riflettere a fine Settecento. Negli antichi era presente il concetto di natura, ma l’ambiente interessava esclusivamente per l’influsso esercitato sull’individuo»; era il tramite per comunicare emozioni: amore, malinconia, idillio… Malaspina sostiene che esistono tre livelli di percezione del paesaggio: culture che ne sono del tutto prive come quelle antiche; culture consapevolmente paesaggistiche come quella italiana e cinese; nel mezzo, culture che dimostrano sensibilità e terminologia legate al paesaggio ma non sono ancora in grado di esprimerle. E qui si può inserire la civiltà latina. Dopo questa premessa, il relatore ha passato decisamente la parola a Orazio, lasciando che a parlare fossero i suoi versi, declamati dall’attore vercellese Roberto Sbaratto, per concludere con un interessante confronto fra la traduzione sette-ottocentesca del carme 25-libro III, dedicato a Bacco, ad opera di Tommaso Gargallo (considerato, all’epoca, uno dei massimi studiosi del poeta latino) e quella moderna di Luca Canali. Un’autentica chicca.