Una preghiera speciale per i cristiani iracheni

Con un tweet papa Francesco chiede alle parrocchie e alle comunità cattoliche di ricordare i fedeli perseguitati dall’odio dei miliziani dello Stato islamico. Un bambino siriano di 3 anni, prima di morire, avrebbe detto ai suoi aguzzini: “Lo dirò a Dio!”

Le barbàrie che da parecchie settimane si stanno consumando in Medio Oriente sono ormai tristemente ben risaputo. Solo dinanzi ad una manifesta mattanza di innocenti, nella notte tra giovedì 7 e venerdì 8 agosto gli Usa hanno deciso di intervenire militarmente in Iraq, non più con un’invasione di terra, ma con bombardamenti mirati sulle postazioni dei miliziani appartenenti al fantomatico Califfato islamico. Con il passare dei giorni superano quota 100mila le persone sfollate da buona parte delle città e dei villaggi iracheni: non solo cristiani, ma anche tutte le persone di altre confessioni religiose, così come i musulmani moderati che non accettano la violenza dell’autoproclamato Stato islamico. Almeno 40 i bambini della minoranza Yazidi che nei giorni scorsi sono stati uccisi, costringendo i sopravvisuti ad incamminarsi con i cristiani perseguitati sulle montagne del Kurdistan, finora protette con i denti dai combattenti curdi peshmerga. Nelle zone rocciose e desertiche dove hanno trovato rifugio sono incominciati diversi lanci umanitari di cibo e medicine, in attesa che l’Onu intervenga al più presto per “aprire” un corridoio umanitario che permetta ai civili di scappare da quei territori ancora duramente sotto la minaccia jihadista.

Il delirio di potere del Califfato ha addirittura spinto il portavoce dei miliziani, Abu Mosa, ad intimare agli Stati Uniti di non aver il coraggio di mandare nuovamente sul campo iracheno dei soldati, preferendo invece l’uso dei droni; con tali accuse di codardìa, è stato poi aggiunto che il Califfato sarà sempre pronto ad umiliare gli Usa fino a innalzare la bandiera nera sul tetto della Casa Bianca. Per onor di cronaca, la medesima bandiera jihadista è “spuntata” anche a Londra, precisamente sulla porta di ingresso di Poplar High Street. E’ in questo “clima” che la voce di papa Francesco per il martoriato Iraq è tornata a farsi sentire. Nella sola giornata di venerdì 8 agosto, attraverso i suoi diversi account su Twitter, ha lanciato tre distinti tweet: “Chiedo a tutti gli uomini di buona volontà di unirsi alle mie preghiere per i cristiani iracheni e per tutte le comunità perseguitate”“Vi prego di dedicare un momento oggi alla preghiera per tutti coloro che sono costretti a lasciare la loro casa in Iraq. #prayforpeace”“Signore, ti preghiamo di sostenere coloro che in Iraq sono privati di tutto. #prayforpeace”.
Ormai prossimo alla partenza per la Corea del Sud, dunque impossibilitato materialmente a recarsi nella piana di Ninive, il Santo Padre ha voluto nominare il cardinale
Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, Suo inviato personale. Non è stata ancora definita una data, ma nei prossimi giorni è pressoché certo che il porporato volerà in Iraq per esprimere alle popolazioni perseguitate la vicinanza del Pontefice e dimostrare tangibilmente la solidarietà della Chiesa. Desta grave preoccupazione anche il rapimento di 500 o più donne e ragazze, molte appartenenti agli Yazidi, che pare siano tenute segregate in abitazioni a Mossul, per poi essere vendute ai miliziani dello Stato islamico. E’ per tutta questa serie di ragioni che sabato 9 agosto papa Francesco è tornato a farsi sentire con un altro tweet, chiedendo esplicitamente alle parrocchie e alle comunità cattoliche di tutto il mondo di elevare nelle celebrazioni del fine settimana (9-10 agosto 2014) una preghiera speciale per i cristiani iracheni. Nel primo pomeriggio, sempre con un “cinguettio”, il Vescovo di Roma si è appellato alla comunità internazionale affinché si impegni a “proteggere tutte le vittime di violenza in Iraq”.
Da parte nostra, però, non vogliamo dimenticare che anche nella vicina Siria, da oltre 3 anni e mezzo, si sta consumando un genocidio che spesso viene taciuto o messo a tacere, sia dallo stesso regime di Bashar al-Assad che dai media internazionali. Siccome il bene prevale sempre sul male, pur mettendo a rischio anche la propria vita, alcune persone di “buona volontà” provano a documentare e filmare i brutali eccidi di migliaia di innocenti. Trattati come bestiame, centinaia e centinaia di uomini vengono fatti salire su camion per essere condotti fuori dalle città siriane per esser poi barbaramente trucidati, alcuni sgozzati, altri impiccati ed altri ancora crocifissi. La documentazione resa nota da questi coraggiosi “reporter della libertà” mostra purtroppo anche l’aberrante e sistematico sterminio di bambini, che hanno la sola “colpa” di essere nati in famiglie di fede cristiana. Chiudiamo questo angosciato resoconto riportando un fatto che dovrebbe far riflettere qualsiasi uomo che sia degno di esser ritenuto tale: un povero bambino siriano di circa 3 anni, impaurito e spaventato per aver capito di andare incontro a morte certa, sembra aver detto ai suoi carnefici una frase agghiacciante, “Lo dirò a Dio!”.

Giorgio Morera

(9 agosto 2014)

 

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