Il docente dell’Upo Claudio Marazzini ricevuto da Napolitano

Il professore, assieme alla dottoranda Ludovica Maconi, ha presentato al Capo dello Stato un lavoro su un importante manoscritto di Manzoni

Poco prima delle festività natalizie l’Università del Piemonte Orientale, in particolare la Facoltà di lettere di Vercelli, ha ottenuto un prestigioso riconoscimento grazie al lavoro di un suo docente e di una sua dottoranda. La mattina del 14 dicembre, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto al Quirinale una delegazione della Società Dante Alighieri guidata dall’ambasciatore Bruno Bottai, che ha presentato l’elegante facsimile di un importante manoscritto con relativa edizione critica, la relazione di Alessandro Manzoni Dell’Unità della lingua e dei mezzi di diffonderla, a cura di Claudio Marazzini, docente Upo, presente anch’egli all’incontro, e di Ludovica Maconi, dottoranda ventisettenne dello stesso Ateneo.

Il  manoscritto vanta una storia avventurosa.

Nel 1868 Alessandro Manzoni fu invitato dal Ministero a stilare una relazione che indicasse i modi per rendere comune la lingua italiana nella nazione appena unificata, dove il 90% della popolazione sapeva parlare solo in dialetto. Lo scrittore provvide a redigere il documento in quattro e quattr’otto e lo inviò al ministro dell’istruzione, il quale lo fece rilegare sontuosamente in velluto blu savoia, per farne omaggio alla principessa Margherita in procinto di convolare a nozze con il “delfino” Umberto. Il volume fu portato nella villa reale di Monza e poi nella Biblioteca reale di Torino, che Margherita ritenne il luogo di conservazione più idoneo.

Sino a una decina di anni or sono, del manoscritto consegnato da Manzoni al ministro si erano perse le tracce e gli studiosi non se ne erano potuti avvalere. Nel 2000, la svolta: saltò fuori – casualmente – alla Biblioteca Reale di Torino, un  cofanetto principesco con la scritta “Alessandro Manzoni” e all’interno il manoscritto rilegato, che attirò subito l’attenzione degli esperti. Marazzini, esaminato il reperto, ne riconobbe immediatamente il valore: era l’autografo del celebre intervento risalente al 1868. I manoscritti di Manzoni sono a Milano, questo invece stava in terra subalpina – ben collocato, perché il Piemonte, nell’Unità d’Italia, visse una parte da protagonista – e la relazione si riferisce a un nodo cruciale venuto al pettine tra l’unità e la presa di Roma. Per fare gli italiani, infatti, occorreva dare loro una lingua. Si è arrivati così all’edizione critica, offerta al Presidente della Repubblica per le celebrazioni dei 150 anni.

Il lavoro filologico non è stato semplice, confermano Marazzini e Ludovica Maconi, perché Manzoni era un incontentabile pignolo che leggeva e correggeva all’infinito, quando scriveva la relazione, così come quando aveva riscritto per ben tre volte il medesimo romanzo. Gli studenti di liceo, alle prese con I promessi sposi, possono riscoprire nell’autore di quel “tormentone”, una visione moderna e lungimirante, un orizzonte aperto sull’identità italiana da costruire anche attraverso l’adozione di una lingua comune popolare (il fiorentino parlato). Un pezzo di storia che ci racconta qualcosa di ieri, invitandoci a ripensare l’oggi per guardare al domani. E mentre parliamo, nel nostro italiano comune, la sentiamo ancora più nostra.