La forza di combattere del colonnello Carlo Calcagni, un “vero eroe”
Riceviamo e pubblichiamo:
La città di Vercelli ha recentemente ospitato un convegno, organizzato dall’Unione Nazionale Mutilati per Servizio, con l’intento di fare il punto su “Il dramma dell’uranio impoverito e dell’amianto nelle Forze Armate”. Ospite d’onore del convegno è stato Carlo Calcagni, colonnello del Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano, paracadutista e pilota istruttore di elicotteri, senza dubbio tra i massimi conoscitori del dramma dell’uranio impoverito.
Calcagni vive quel dramma sulla propria pelle da oltre 17 anni, dopo la missione di “peace keeping” nel 1996 dalla quale è tornato contaminato in tutti i suoi organi. Le polveri generate dall’uranio impoverito ed i metalli pesanti che ha respirato in Bosnia-Erzegovina non gli permettono, oggi, di essere ancora ai comandi di un elicottero.
Ma il colonnello Calcagni, dopo questo duro colpo della scoperta della malattia, si è rialzato e ha iniziato a vivere ponendosi altri obiettivi. Per questo vola ancora, da una parte all’altra della sua amata Patria, con uno scopo ben preciso: essere testimone diretto di quel dramma, dare il suo prezioso contributo per soluzioni adeguate ed essere di esempio nell’affrontare le avversità della vita con coraggio!
È un vero eroe, Carlo Calcagni, che nel corso del convegno vercellese si è raccontato senza riserve, con assoluta compostezza e grande dignità. Dettagliata la descrizione delle sue numerose patologie e precise le indicazioni dei metalli presenti nel suo corpo e delle loro incredibili quantità. Valori che per i molti avrebbero decretato la resa, ma per lui che vuole vivere, essere di esempio, stare con i i suoi amati figli, costituiscono una sfida che non intende perdere.
“Mai arrendersi”, è il messaggio che lo identifica e racchiude in sé l’intero vissuto di una persona fortemente determinata, capace di affrontare in modo esemplare la terribile malattia con tutte le sue devastanti conseguenze ed impressionanti cure quotidiane. Ha raccontato di non aver mai lasciato spazio alla disperazione e mai rinnegato i valori dell’uniforme, sempre indossata con l’onore e l’orgoglio di poter servire la Patria, anche dimostrando che zone d’ombra, pericoli e delusioni si possono affrontare e superare se non si lascia indietro la speranza di raggiungere le mete prefissate, se non si smette di credere che il domani riserva sempre qualcosa per cui valga la pena continuare a vivere, senza mai mollare. Calcagni, in questa dimensione, vive non solo come militare che onora i colori della nostra bandiera, ma anche come campione ed atleta paralimpico da podio d’oro.
Una storia che Michelangelo Gratton, regista di Ability Channel, ha saputo sintetizzare egregiamente nel docufilm “Io sono il Colonnello” in cui Calcagni, protagonista ed unico interprete, si racconta senza nascondere sentimenti, emozioni, delusioni, coraggio, paure e lacrime.
La sua testimonianza al convegno di Vercelli ha suscitato, in tutti i presenti, ammirazione, stima, commozione e ragione di profonda riflessione. Alla fine del suo intervento, l’intera platea ha manifestato il suo rispetto mettendosi in piedi, per un applauso interminabile che ha contribuito a caricare l’atmosfera di ammirazione per un ufficiale e un uomo che, anche voci autorevoli, definiscono un “vero eroe”.
La storia di Carlo Calcagni e la capacità che lo contraddistingue nell’affrontare sia la malattia che la disabilità, arrivano diritte al cuore di chi lo ascolta, lo abbraccia o gli stringe la mano. Riesce a trasformare la sua tragedia, iniziata nel 1996, quando per la sua professionalità gli fu ordinato di prendere parte alla missione di pace in Bosnia-Erzegovina sotto l’egida dell’Onu. In quelle zone di guerra ha svolto circa 50 ore di volo, tutte annotate sul suo libretto di volo e trascritte nello stato di servizio, nella parte 5ª riservata ai voli di guerra, che sarebbero dovute essere solo ore di una storia di servizio dedicato alla popolazione martoriata da una guerra fratricida, portando aiuto e recuperando feriti, resti umani e cadaveri. Purtroppo, ciascuna di quelle ore ha segnato l’inaspettato cambiamento della sua vita in quanto, respirando in quelle zone contaminate ha inalato polveri sottili di metalli pesanti ed è rimasto esposto all’uranio impoverito.
Oltre ad essere oggetto di studi scientifici, i medici che si prendono cura di lui, sia in Italia che all’estero, lo hanno sottoposto a numerosissime analisi e indagini diagnostiche, tra cui anche biopsie: al fegato, al midollo e ai polmoni. Le sostanze tossiche sono finite persino nel suo dna ed hanno causato anche una mutazione genetica. I dati clinici dimostrano che nel suo sangue vi è altissima concentrazione di questi metalli pesanti, con i quali è entrato in contatto per aver prestato servizio in ambiente bellico contaminato da uranio impoverito. Da circa quindici anni, Calcagni si sottopone a terapie chelanti, ma i livelli dei metalli pesanti restano altissimi. Ha sviluppato gravi patologie multiorgano, tra cui: danno della ipofisi, con ipotiroidismo, ipogonadismo ipogonadotropo e iposurrenalismo; fibrosi polmonare con insufficienza respiratoria; insufficienza renale; sensibilità chimica multipla; cardiopatia; linfo-mielodisplasia in attesa di trapianto allogenico di midollo; malattia neurologica, cronica, degenerativa e irreversibile, con parkinsonismo che, da qualche anno, gli sta rendendo tutto meno semplice e lo costringe a sottoporsi a plasmaferesi settimanale.
Nonostante tutto, Carlo Calcagni ha la straordinaria capacità di resistere e di essere, per tantissimi, l’esempio della resilienza in carne ed ossa. Lo deve al suo stato di salute che era perfetto prima dell’incontro con quel nemico invisibile, grazie anche alla forte muscolatura costruita con la costante attività sportiva, iniziata sin da quando aveva 5 anni. Persino i medici del “Breakspear Medical” di Londra ritengono che la sua vita abbia del miracoloso a fronte di valori clinici spaventosi e teoricamente incompatibili con la vita. Eppure riesce ad essere ancora utile al Paese, continua a pedalare verso nuovi traguardi che raggiunge e non sono per lui punto d’arrivo, ma ogni volta, diventano un nuovo punto di partenza.
Una vita, quella del colonnello Carlo Calcagni, ricca di “colpi di scena”, sempre altamente significativi, in particolar modo per la gente che soffre e trova in lui un esempio a cui far riferimento per trovare la forza di andare avanti.
Emanuele Caradonna
presidente Unione nazionale mutilati per servizio, sezione provinciale di Vercelli-Biella