Vercelli: assolti sei dipendenti di Poste ingiustamente accusati di truffa. La Cgil: «Colpa delle procedure inadeguate dell’azienda»
Assoluzione piena e reintegro per i sei dipendenti di un ufficio postale di Vercelli, accusati di truffa e furto ai danni di un utente. Si è concluso così il percorso giudiziario, iniziato nel lontano 2016, che ha visto coinvolti i sei dipendenti accusati di aver effettuato consistenti prelievi di denaro dal conto di un utente. La vicenda era partita dalla denuncia di un cliente dell’ufficio postale che, a suo dire, sarebbe stato vittima di prelievi non autorizzati da parte dei dipendenti i quali avrebbero posto in essere l’illecito con la sostituzione della carta di credito all’insaputa del titolare. In primo grado di giudizio, i dipendenti di PosteItaliane vennero giudicati colpevoli e condannati a un anno e sei mesi di reclusione e a una multa di 670 €. A seguito di questa condanna, Poste Italiane licenziò quattro lavoratrici, ancora in servizio, senza preavviso e per giusta causa.
«Occorre qui evidenziare – spiegano dalla Slc-Cgil – che una indagine interna di Poste Italiane rilevò l’applicazione corretta di tutte le procedure relative alla sostituzione della carta e del libretto perduti dal cliente e che la Società subì successivamente una condanna per procedure impartite ai dipendenti (tuttora vigenti…) non tutelanti dell’utenza e degli stessi operatori postali. Quindi, procedure ancora oggi deboli sotto il profilo della sicurezza e completamente da rivedere e rafforzare».
A seguito della sentenza di primo grado, le lavoratrici impugnarono i licenziamenti con ricorso in appello e, nella revisione degli atti, si rilevò una sostanziale impostazione del primo processo lacunosa e anche illogica nell’impianto stesso, tanto da ritenere inverosimili le responsabilità ascritte alle lavoratrici e procedendo ad assolvere completamente le imputate per l’insussistenza del fatto criminoso (sentenza del 5 luglio 2023). PosteItaliane quindi si impegnò in una trattativa ad personam che ha portato ad accordi di buonuscita per tre lavoratrici e a reintegrare la quarta, ancora distante da un’età pensionabile.
Fin qui la cronaca dei fatti, oltre ai quali ci sono, però, le persone. Dipendenti di PosteItaliane con sei, anche sette lustri di carriera onorata, gettate nel fango del dubbio, della malcelata diffidenza anche al di fuori dell’ambito lavorativo alle quali nessuno si è premurato di offrire una rete di protezione e che hanno cercato tutela nel Sindacato e nelle proprie forze. Nessuno in Azienda si è posto il minimo problema sulla preventiva salvaguardia dei dipendenti e si è assistito solo alla sterile applicazione di regole e regolamenti che, in questo caso, sono risultati lacunosi e deleteri per i lavoratori.
«Abbiamo atteso pazientemente da luglio – termine del procedimento giudiziale – che Poste si affrancasse con i lavoratori coinvolti, fiduciosi che l’Azienda avrebbe riconosciuto ai lavoratori, prima ingiustamente accusati e poi assolti, un giusto risarcimento per i danni morali che questa vicenda ha loro inflitto», dichiara il segretario della SLC-CGIL di Vercelli Alessandro Pagliero. «Purtroppo così non è stato: sono arrivate solo alcune buonuscite molto contenute, direi calcolate con puntiglio ragionieristico, e un reintegro imposto dal giudice. Nulla di più. Al momento non è prevista neppure l’assunzione delle spese legali, pari a decine di migliaia di euro, da parte dell’Azienda. Come sindacato giudichiamo piuttosto meschino il comportamento della più grande Azienda italiana che opera nella logistica, nel campo finanziario e in quello del risparmio».
Per questo la SLC-CGIL – che ha sostenuto e difeso le lavoratrici sottoposte a provvedimenti ingiusti e infamanti – rileva che tutti i lavoratori di Poste Italiane sono tuttora esposti a rischi molto alti dovuti a procedure interne fallaci che devono essere adeguate a livelli di sicurezza accettabili e imprescindibili, così come avviene nelle banche e nelle assicurazioni.