Bava (Ifi) contro tutti: tribunale, istituzioni e sindacati. «Ma non mi arrendo»
Il 22 ottobre la Corte d'Appello di Torino discuterà il ricorso dell'azienda contro il decreto di fallimento emesso dal Tribunale di Vercelli
Vincenzo Bava, azionista di riferimento della IFI di Santhià per la quale lo scorso 24 Luglio il Tribunale di Vercelli ha dichiarato lo stato di fallimento, interviene per la prima volta sulla vicenda con un lungo comunicato che riportiamo integralmente.
«Sono stato convinto dalle Istituzioni pubbliche alla riapertura dello stabilimento pur denunciando le condizioni dello stesso che necessitava di una drastica ristrutturazione e profonde opere di riammodernamento, motivo per cui solo dopo 3 mesi dall’acquisizione dell’azienda e con la due diligence amministrative in corso, era stata presa la decisione del fermo. Forte della rassicurazione delle pubbliche istituzioni e sorvolando sulle problematiche sopra espresse, si è passati al fondamentale accordo del 18 aprile scorso siglato presso la Prefettura di Vercelli tra l’azienda e la committente Ansaldo-Breda, con il determinante apporto delle parti sociali e delle Istituzioni Pubbliche, grazie al quale l’attività produttiva nella stabilimento era ripresa con entusiasmo e impegno da parte di tutti, riaprendo i reparti a tempi record, grazie alla volontà e all’impegno degli stessi dipendenti.
Si stavano completando le attività necessarie per la consegna delle carrozze entro fine anno in anticipo di 30 gg rispetto al programma e soprattutto si stavano gettando le basi per nuove e importanti commesse sia da nuovi clienti che da clienti storici di Ifi, clienti abbandonati dalla precedente gestione, attivando e formando le maestranze per adeguarsi alle nuove normative.
Per questa ragione – prosegue l’azionista di riferimento di IFI Vincenzo Bava – continuiamo a ritenere inaccettabile e incomprensibile la decisione del Tribunale che ad aprile consente e autorizza un concordato in continuità e dopo 60 gg ordina la cessazione di tutte le forze attivate con il ripristino di tutti i reparti dopo il fermo, vanificando così tutti gli sforzi e le opere di convincimento per il richiamo in servizio del personale qualificato Trenitalia che aveva trovato occupazione altrove. Forse il Tribunale si e dimenticato che la IFI lavora da oltre 100 anni con commesse statali e “costruisce carrozze” e dipende dalle commesse dei rotabili che lo Stato commissiona: da parte nostra faremo tutto il possibile per fare ripartire le attività produttive a dispetto dell’ingiusta e frettolosa decisione presa.
Il fatto è poi ancora più grave in quanto non è stato nemmeno concesso l’esercizio provvisorio in presenza di attività produttive chiudendo, da parte della commissaria, lo stabilimento funzionante in meno di un’ora e mettendo alla porta i dipendenti, lasciando lo stabilimento con tutti i portoni completamente aperti alla mercè di tutti e nell’abbandono più assoluto.
Non comprendiamo poi in questa fase l’atteggiamento attendista delle Istituzioni e delle stesse organizzazioni sindacali che dovrebbero difendere gli interessi dei lavoratori.
Apprendiamo infatti dalla stampa locale della convocazione di un tavolo di lavoro da parte del Sindaco di Santhià e di interventi da parte dei parlamentari e dello stesso assessorato regionale riguardo la situazione della IFI di Santhia, dove l’azienda non è stata coinvolta. La nostra sensazione – prosegue Vincenzo Bava – è che da parte di tutti e della stessa amministrazione locale – al di là delle dichiarazioni di facciata e di circostanza – ci sia un atteggiamento consenziente e di avvallo dell’inspiegabile decisione del Tribunale.
Tale fatto è ancor più evidente nell’atteggiamento delle organizzazioni sindacali: per quale ragione – si chiede l’azionista di IFI – quando il confronto era tra azienda e organizzazioni sindacali anche il più piccolo dei problemi doveva essere discusso e portato all’assemblea dei lavoratori, mentre ora nell’arco di qualche ora si avvallano nel più assoluto silenzio oltre 79 licenziamenti senza alcun confronto e informativa? Perché non si son ricercate soluzioni alternative per ridurre il disagio dei lavoratori, considerato in ogni caso che l’azienda aveva la possibilità di usufruire di altri mesi di Cassa Integrazione?
E che dire poi del Rappresentante aziendale della Fiom che dopo aver creato situazioni di instabilità a livello aziendale e sporto in modo gratuito e indiscriminato una serie di denunce ai più svariati Enti e al commissario per presunte irregolarità, ha deciso di rassegnare le dimissioni senza preavviso ed abbandonare la nave al proprio destino? Forse che aveva timore per le possibili conseguenze che avrebbe creato con il suo gesto restando all’interno dello stabilimento?
Vorrei tanto – insiste Vincenzo Bava – che qualcuno facesse chiarezza su questa vicenda e fugasse i dubbi e le perplessità che serpeggiano tra gli stessi lavoratori per atteggiamenti poco trasparenti da parte dei dirigenti sindacali e delle stesse Istituzioni le quali, con molto ritardo e parecchi tentennamenti, hanno affrontato un problema che, proprio per la sua drammaticità, doveva invece essere affrontato in modo risoluto e tempestivo.
Da parte nostra – continua l’azionista di riferimento – abbiamo immediatamente presentato un ricorso avverso la decisione del Tribunale che verrà esaminato nell’udienza fissata per il prossimo 22 ottobre presso la corte d’Appello di Torino ove, ci auguriamo, verranno accolte le nostre ragioni e sia ridata a tutti la possibilità di dare corso agli impegni assunti con l’accordo del mese di Aprile, terminando le commesse in corso e concretizzando anche i nuovi lavori che stavano maturando in queste ultime settimane. Siamo inoltre pronti a mettere in campo tutte le energie, le professionalità e le risorse necessarie per fare ripartire l’azienda, nonostante uno Stato assente che non aiuta chi tutti i giorni fa impresa.
Auspichiamo da ultimo che l’assessorato regionale rompa gli indugi e dia effettivamente corso agli impegni presi in occasione del recente incontro in municipio a Santhià, con la richiesta di immediata sospensione della procedura di fallimento e la convocazione di un tavolo comune di confronto e ricerca di soluzione positivi per tutti i lavoratori e per quanti ancora veramente credono nella IFI».