Migliaia di tipicità agroalimentari del Made in Italy sono a rischio a causa della siccità
Sono 5.450 i tesori Made in Italy a tavola messi a rischio dalla siccità che sta colpendo le produzioni agroalimentari da nord a sud del Paese prosciugando un bacino strategico di ricchezza enogastronomica che è anche fra i principali motori del turismo nazionale ed estero in Italia. E’ quanto emerge dal nuovo censimento 2022 presentato dalla Coldiretti in occasione dell’Assemblea nazionale a cui hanno preso parte il presidente di Coldiretti Piemonte, Roberto Moncalvo, il delegato confederale, Bruno Rivarossa, insieme a tutti i presidenti provinciali delle varie federazioni piemontesi.
L’emergenza idrica non risparmia neppure le tipicità più rare e, trattandosi di piccole produzioni con quantità ridotte, il rischio è che vengano letteralmente cancellate. Una mappa dei sapori, della tradizione e della cultura della tavola Made in Italy che vede nei primi tre posti del podio la squadra di pane, paste e dolci (1616), quella di frutta, verdura e ortaggi (1577) e il gruppo delle specialità a base di carne (822), seguiti dai formaggi (524) e dai prodotti della gastronomia (320), ma non mancano bevande analcoliche, distillati, liquori e birre, i mieli, i prodotti della pesca e i condimenti dagli olii al burro, in un viaggio del gusto che tocca anche gli angoli più nascosti del Paese.
Il Piemonte conta 342 prodotti tipici nella mappa del gusto e, in occasione dell’Assemblea, ne sono stati esposti diversi: dal Salame Nobile del Giarolo alle lumache di Cherasco, dal Bicerin al Ratafià, dalla bagna cauda al bagnet ros e verd, dalla toma di Lanzo al Brus, dal fagiolo di Saluggia ai mieli del Piemonte fino al Vemouth ed alla Cognà.
“Alla base del successo del Made in Italy c’è un’agricoltura che è diventata la più green d’Europa con – evidenziano Roberto Moncalvo Presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale –. L’Italia è il solo Paese al mondo che può contare primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare. Dietro ogni prodotto c’è una storia, una cultura ed una tradizione che è rimasta viva nel tempo ed esprime al meglio la realtà di ogni territorio. Per questo è necessario difendere questo patrimonio dalla banalizzazione e dalle spinte all’omologazione perché il buon cibo insieme al turismo e alla cultura rappresentano le leve strategiche determinanti per un modello produttivo unico che ha vinto puntando sui valori dell’identità e della biodiversità. Non è, infatti, un caso che nei piccoli borghi nasca il 92% delle produzioni tipiche nazionali, secondo l’indagine Coldiretti/Symbola, e la nostra Regione ha il maggior numero di piccoli comuni: ne conta 1.046, cioè il 18,99% del totale nazionale, che sono il luogo principe dove assaggiare le produzioni locali della tradizione, oltre che dove indirizzare il turismo rurale”.