I cattolici in politica tra “diaspora” e nuova progettualità
I cattolici possono ancora svolgere un ruolo nella società italiana anche in una fase caratterizzata da una forte frammentazione della loro rappresentanza politica? E questa “diaspora” va accettata come un dogma o si possono costruire nuovi itinerari unitari? A queste domande si è tentato di dare una risposta venerdì sera nel corso di un interessante dibattito svoltosi nella saletta del bar Golden 67 a Vercelli. L’occasione è stata la presentazione dell’ultimo libro di Franco Magialardi “Cattolici per l’Italia. Unità, presenza, progettualità”. Con l’autore si sono confrontati il parlamentare Luigi Bobba, l’ex vice presidente della Regione Liguria Massimiliano Costa e il direttore del Corriere eusebiano Luca Sogno. A introdurre la serata Paolo Bena in rappresentanza di Alleanza per Vercelli, mentre il dibattito è stato coordinato dal consigliere comunale Adriana Breddo.
E’ stato lo stesso Mangialardi ad aprire la discussione spiegando l’impianto e le motivazioni del suo ultimo sforzo letterario: «Attraverso miei pensieri e contributi di amici e protagonisti della vita pubblica italiana ho cercato di ricostruire, come in un diario, l’evoluzione del rapporto tra cattolici e politica dagli anni 60 ad oggi. Dopo la fine della Democrazia cristiana molti sono stati i tentativi di costruire soggetti in grado di diventare luoghi di elaborazione unitari e coerenti per i cattolici. Devo dire che questo libro è anche la storia di una serie di fallimenti sotto questo profilo. Ma l’esigenza di fondo di avere luoghi di questa natura resta e la domanda se essi siano realizzabili rimane».
E su questo quesito si sono confrontati gli interlocutori di Mangialardi. Bobba ha proposto un’analisi sociologica dell’approccio odierno dei cattolici con la politica alla luce anche di rilevazioni statistiche: «I dati di un ricerca recente indicano come i cattolici da un lato non sentano la nostalgia della Democrazia cristiana, ma dall’altra non si sentano del tutto a “casa propria” negli attuali schieramenti. Dunque la domanda di Mangialardi è legittima e la risposta può venire anche dalla capacità di interpellare il vasto panorama delle associazioni e delle organizzazioni di matrice cristiana che operano in Italia».
Costa nel suo intervento ha sottolineato come, negli anni del collateralismo del mondo cattolico nei confronti della Dc, i politici cattolici si sentissero “inviati” sulla scena pubblica e dunque «sentivano di avere dietro di sé tutto un mondo di relazioni, la gerarchia ecclesiale, le organizzazioni di provenienza. Chi, come me, è arrivato alla politica alla metà degli anni 90 si è sentito solo e ha continuato a vivere questa solitudine».
Infine Sogno ha individuato il «peccato originale» dei cattolici rispetto all’attuale quadro politico nell’aver «troppo facilmente e superficialmente accettato come inevitabile e ineluttabile la deriva bipolare del sistema politico italiano. La dispersione della presenza dei cattolici nei due schieramenti imperfetti creatisi in Italia è all’origine della difficoltà dei cattolici di far sentire la propria voce. Una riflessione a tal riguardo va avviata proprio ora che i poli politici paiono in una fase di ricomposizione».